Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
104 | i n f e r n o iii. | [v. 112-120] |
non tutte insieme; ma quando l’una e quando l’altra, l’una qui e l’altra colà, tanto che il ramo tutto si spoglia; Similemente il mal seme d’Adamo; cioè li miseri peccatori che discesono del seme di Adamo primo uomo. D’Adamo sono discesi li buoni e li rei; ma quelli sono pure li rei, e però disse il mal seme d’Adamo. Gittansi di quel lito; cioè di quella piaggia d’Acheron in su la nave, ad una ad una; cioè non tutte insieme; ma l’una dopo l’altra: nè per ordine; ma l’una di qua e l’altra di là, Per cenni; che faceva lor Caron, come augel per suo richiamo. Qui fa la similitudine dell’uccellatore che richiama lo sparviere con l’uccellino, e lo falcone con l’alia1 delle penne, e l’astore col pollastro, e ciascuno con quel, di che l’uccello è vago; così pone l’autore che il demonio che è uccellatore dell’anime, chiamasse quell’anime e rappresentando a ciascuna lo suo peccato; cioè al superbo quell’atto di superbia in che era stato peccatore, e così delli altri; e possiamo intendere che allogasse ciascuno al luogo del suo peccato nella nave, e però non le raccolse tutte insieme; e questo è conveniente, secondo l’esposizione fatta di sopra della nave. Ancora era necessario per verificare la sentenza allegorica di quelli del mondo: imperò che non tutti li uomini viziosi ad una ora diventono viziosi; ma l’uno innanzi e l’altro poi, e non pur in uno peccato: ma in diversi, e però ben si conviene che Caron li raccolga l’uno dopo l’altro. Et è da notare che ciascuno richiama col cenno; cioè con l’obietto del suo desiderio; cioè lo superbo con la eccellenzia di sè medesimo, lo goloso con la delicatezza de’ cibi, e così di tutti li altri. Così sen vanno su per l’onda bruna; cioè così navicano su per l’onda nera di Acheron, come è detto, Et avanti che sien di là discese; cioè innanzi che scendano dall’altra riva, Anco di qua nuova schiera s’aduna. Questo finge l’autore a dimostrare la moltitudine de’ dannati e la moltitudine de’ moventi continuamente in breve tempo. E questo ancora è vero di quelli del mondo: chè innanzi che l’una gita sia passata nell’ostinazione, si raguna l’altra di qua dalla ostinazione, per passare di là; e per questo mostra l’autore che grande è il numero di coloro che vanno a perdizione.
C. III - v. 121-129. In questi tre ternari l’autore pone lo dichiarimento, che2 fa Virgilio a lui di due dubitazioni ch’elli potea avere; prima se quell’anime aveano paura di passare, come erano sì sollicite di passare; appresso, perchè Caron accommiatò pur Dante e non li altri che v’erano. Dice adunque prima così: Figliuol mio, disse il Maestro cortese; cioè Virgilio disse a me figliuol mio, e potrebbe ancor dire il testo: mi disse; cioè disse a me: Quelli che muoion nell’ira di Dio; cioè li dannati. Ognuno o muore nell’ira di Dio, o