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   98 i n f e r n o   iii. [v. 82-99]


C. III - v. 82-99. In questi sei ternari l’autore dimostra quello che vide quando fu giunto al fiume, e fa quattro cose: però che prima pone come vide Caron venire con la nave, e quello che dicea a quell’anime; nella seconda pone quel che disse a lui, quivi: E tu che se’ ec.; nella terza pone la risposta di Virgilio, quivi: E il duca a lui ec.; nella quarta pone quel che seguitò della risposta, quivi: Quinci fur quete ec. Dice prima: Et ecco verso noi; cioè verso Virgilio, e me Dante, venir per nave Un vecchio bianco per antico pelo; era canuto per antichità, Gridando: Guai a voi, anime prave; cioè rie, dannate, Non isperate mai veder lo Cielo. Ecco come li priva di speranza. Io vegno per menarvi all’altra riva; del fiume Acheronte, Nelle tenebre eterne; cioè perpetue, in caldo e in gielo; cioè nello inferno, ove sono sempre tenebre, e caldo, e freddo. E volgendosi a Dante dice: E tu, che se’ costì, anima viva: però che Dante quanto alla verità, quando finge che vedesse questo, non era ancor morto, Partiti da cotesti, che son morti. E perciò non si partiva Dante, benchè il dicesse, onde aggiugne: Ma poi che vide ch’io non mi partiva; cioè io Dante, per lo suo dire, Disse; Caron: Per altra via, per altri porti Verrai a piaggia, non qui, per passare. Quasi dicesse: Tu verrai bene alla piaggia di là per altre vie che queste, e per altri porti che questi; ma non per passar qui: chè tu non passerai già per questo fiume in su questa nave. Più lieve legno convien che ti porti; che questa navicella: però che Dante addormentato si trovò portato di là, poi che si svegliò dal sonno, che finge che il prendesse, quando la fulgure venne, che dirà alla fine del canto. E per questo detto si può comprendere che Dante finge che fosse portato di là dall’Angelo, come si dirà di sotto: chè in su la nave non appare per nessun detto del testo che fosse portato. Qui si può muovere uno dubbio litterale, se Caron è dimonio, come finge l’autore, e per voluntà del dimonio ognuno anderebbe all’inferno, come finge l’autore che Caron accommiatasse lui e che non lo volesse portare in su la nave: con ciò sia cosa che il demonio riceva volentieri qualunque va a lui? A che si risponde che l’autore finge questo per mostrare la natura del dimonio, che sempre sotto specie di bene si sforza d’ingannare altrui, o a farlo cadere, o a rimuoverlo dal bene. Caron sapeva bene che Dante non era venuto per passare in sulla sua nave; ma che era venuto per vedere il passamento de’ dannati, per spaurire sè, e tutti li altri1, a cui lo farà manifesto, da sì fatta colpa chi e’ sieno obbligati a sì fatto passamento; e però per farlo tornare a dietro, e che ciò non vegga, nè facci manifesto, nè quel che è più oltre, l’accommiata; assegnandoli la ragione vera che elli è vivo

  1. C. M.  a cui elli lo farà manifesto.