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i n f e r n o iii. |
[v. 43-51] |
Rispose; allora Virgilio, Dicerolti; cioè a te Dante, molto breve. Ben risponde brievemente quando dice: Questi non ànno speranza di morte; cioè costoro son fuori d’ogni speranza: imperò che eziandio sono privati della speranza della seconda morte, per la quale s’intende l’annichilazione, et in questo si manifesta la loro miseria, in quanto dice che vorrebbono innanzi essere annichilati, che vivere in tanta miseria, e soggiugne la lor miseria quando dice: E la lor cieca vita è tanto bassa, Che invidiosi son d’ogn’altra sorte. Per questo significa l’autore che sono tormentati dalla invidia che è gravissimo dolore, secondo che pone Orazio nel libro primo delle sue Epistole, ove dice: Invidia Siculi non invenere tyranni Maius tormentum ec.; quasi dica Virgilio a Dante: Questi sono in tanta oscurità, et in tanta bassezza che ogni altro stato pare loro migliore, che il suo; e però d’ognuno posto in qualunque stato ànno dolore: ecco la cagione perchè sono invidiosi d’ogni altro. Fama di loro il mondo esser non lassa. Quasi dica: Il mondo che secondo il suo costume dà fama a chi opera male, non lascia a costoro averla; cioè non la dà loro che non ànno fatto nè bene, nè male, e però sono invidiosi delli altri che ànno fama, de’ buoni che ànno lode manifesto è che sono invidiosi: imperò che per lor voglia ognuno sarebbe simile a loro; e qui si potrebbe dire che fama se pigliasse comunemente così in bene, come in male. Et attendendo1 allegoricamente di quelli del mondo, le parti sopra dette si deono sporre così: Che questi miseri ànno si vile animo che in niuna cosa ànno speranza, eziandio nella morte corporale che finisce le miserie corporali non sperano, e la lor cieca vita, imperò ch’ànno perduto il ben dell’intelletto, è tanto bassa che sono invidiosi d’ogni altro stato, e che il mondo nel quale vivono così miseramente, non lascia essere fama di loro: imperò che secondo sua usanza non dà fama, se non a chi opera grandi beni e grandi mali: però che vengono a ben dell’universo; ma questi così fatti non possono essere al bene dell’universo, e però di loro si tace. Misericordia e Giustizia li sdegna; misericordia e giustizia sono due virtù le quali Idio insieme adopera verso l’umana generazione; e come dice santo Augustino quanto al fine, considerando che alquanti delli uomini si salvano, e alquanti delli uomini si dannano, sono divise; ma considerando pur li santi, sono mischiate insieme: imperò che la beatitudine de’ santi è sempre del dono della grazia e del merito della giustizia. Ma qui parla l’autore poeticamente dicendo: Che la misericordia e la giustizia li sdegna; cioè li ànno a vile e non li degnano di sè; cioè che poco si curano di loro, sì come appare nella misericordia che al tutto li lascia sì, come co-
- ↑ C. M. intendendo.