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   84 i n f e r n o   iii. [v. 1-12]

piamente non ebbe mai principio nè fine; ma perpetuo non dee aver fine, benchè abbia avuto principio, come l’inferno ch’ebbe principio, come si dirà incontanente, benchè non debba mai aver fine. Per me; cioè per me porta, si va tra la perduta gente; quanto alla grazia. Giustizia mosse il mio alto Fattore. Parla ancora la porta dicendo che Idio per giustizia si mosse a fare l’inferno, il quale è significato per la porta: chè in questo parlar presente l’autore pone la parte per lo tutto, secondo l’uso de’ rettorici, lo quale inferno fu creato da Dio per punire li rei: imperò che secondo la giustizia si richiedea che fossono puniti li rei, come remunerati li buoni. Fecemi la Divina Potestate; cioè il Padre, al quale s’attribuisce la potenza del creare, fece me porta perchè di ciò fare niuno avrebbe avuto potenza, se non Idio. La somma Sapienza; cioè il Figliuolo, a cui è attribuita la sapienza d’ordinare le cose create, fece me porta: però che di ciò fare niuno avrebbe avuto il sapere, se non Idio, e il primo Amore; cioè lo Spirito Santo, a cui s’attribuisce l’amore di conservare le cose create, fece me porta: imperò che di far ciò niuno avrebbe avuto volontà, se non Idio il quale non vuole se non bene, e la giustizia è bene. Dinanzi a me non fur cose create. Parla ancora la porta dicendo che nulla cosa fu creata dinanzi a lei: imperò che quando Idio fece il mondo, il primo di’ che fece il cielo e la terra, fece ancora l’inferno, sì che in uno stante insieme fu creato l’inferno con le prime cose create, sì che niuna cosa creata fu dinanzi a lui; ma insieme con lui, e ponsi qui la porta per lo inferno, come detto è di sopra. Et intende l’autore della creazione del mondo, secondo che tiene la santa Scrittura che il primo di’ Idio creasse lo cielo, la terra e l’acque, et allora creasse l’inferno nel centro della terra, quivi ove l’autor mostra nel poema che sia, onde ben dice che innanzi a lui non fur cose create, Se non eterne; cioè se non Idio che è ab eterno: però che non ebbe mai principio. Et io eterna duro; in eterno, cioè in perpetuo: chè non debbo mai aver fine, e ponsi qui la parte per lo tutto: imperò che si pone la porta per l’inferno. Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate. Diceva ancora la scritta: Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate nell’inferno: però che mai non ne dovete uscire. Ora dice l’autore che, veduta questa scritta, impaurito ricorse a Virgilio onde dice: Queste parole; che sono scritte di sopra, di colore oscuro Vid’io; cioè Dante, scritte al sommo d’una porta; cioè sopra l’arco della porta dello inferno, di colore oscuro come si convenia a quel luogo, ove ogni cosa è nera e tenebrosa, e però dice scuro e non chiaro. Perch’io: Maestro; cioè per la qual cosa io dissi: Maestro, il senso lor; cioè il significato loro, m’è duro: imperò che dura cosa mi pare dovere entrare in sì fatto luogo e massimamente, perchè dice: Lasciate ogni speranza, voi