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[v. 115-126] | c o m m e n t o | 75 |
e quei ch’udito l’ànno. Veramente il parlar di Virgilio onora lui e qualunque l’ode, intendendo pur litteralmente; ma allegoricamente il parlar della ragione è sempre onesto, e onora chi lo profferisce, e chi l’ode.
C. II - v. 115-126. In questi quattro ternari l’autore pone la conclusione del parlare di Virgilio, il quale à continuato il suo parlare da quel verso: Se io ò ben la tua parola intesa, infino al fine di questi ove parla poi pur l’autore; e benchè per tutti parli l’autore, alcuna volta parla come recitatore del parlare altrui, alcuna volta parla come recitatore del suo. Qui parla Dante come recitatore del parlare di Virgilio, e pone la conclusione, dicendo: Virgilio continuò così il suo parlare: Poscia che m’ebbe ragionato questo; Beatrice, Li occhi lucenti, lagrimando, volse; cioè Beatrice mostrando che li calesse di Dante. Che sieno li occhi, esposto fu di sopra. Alli santi uomini et a Dio dispiace et incresce della morte del peccatore, siccome dice nell’Evangelio: Nolo mortem peccatoris; sed ut convertatur, et vivat. - Perchè mi fece del venir più presto. Quasi dica: Per ciò m’affrettai a venire, per ch’io le vidi tanta cura di te. E venni a te così, com’ella volse; cioè io Virgilio, come volle Beatrice. Dinanzi a quella fiera ti levai; cioè alla lupa, che significa l’avarizia, Che del bel monte il corto andar ti tolse. Questo s’intende allegoricamente che la ragione di Dante mossa dalla grazia cooperante, tostamente mosse la sua sensualità e levolla dall’avarizia delle cose mondane, che li tolse il corto andare del monte bello delle virtù. Pochi sono che per questa corta via vadano alle virtù; cioè che usciti del vizio subitamente vadano all’altezza delle virtù, ai quali Idio concede questo subito mutamento per sua grazia. Ma tutti li più, usciti de’ vizi con la contrizione e confessione, come mostra Dante di sè nella prima cantica, ove riconosce tutti li peccati e le loro debite pene; e poi purgati con la penitenzia e satisfazione, some dimostra in parte della seconda cantica infino che viene al salire del paradiso terrestro, ove pone la purgazione di tutti i peccati, vengono poi all’altezza delle virtù, crescendo in quelle per operazioni, come dimostra di sè Dante dalla montata del paradiso terrestro infino al fine della seconda cantica; e poi alla perfezione di quelle per la contemplazione come dimostra di sè Dante nella terza cantica ove finge che salisse a’ cieli a vedere la gloria de’ beati, la qual cosa fu per la contemplazione. Ora seguita la conclusione, con la riprensione: Dunque che è? perchè, perchè ristai; tu Dante? Perchè tanta viltà nel core allette; cioè perchè se’ sì vile? Perchè ardire e franchezza non ài; cioè perchè non se’ ardito e franco? Poscia che tai tre Donne benedette; cioè la innominata grazia preveniente, e Lucia, e Beatrice, Curan di te nella corte del Cielo; che perchè sono grazie