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60 | i n f e r n o ii. | [v. 4-9] |
richieggiono da grado in grado nel poeta; prima ch’elli voglia imparare, che è significato per Clio; secondo ch’elli si diletti di quel che vuol, ch’è significato per Euterpe; terzo che perseveri in quel che si diletta, che è significato per Melpomene; quarto, che pigli quello in che persevera, che è significato per Talia; quinto, che si ricordi di quello che piglia, che è significato per Polinnia; sesto che trovi di suo simile a quel che si ricorda, che è significato per Erato; settimo è giudicare quello ch’elli à trovato, ch’è significato per Tersicore; ottavo ch’elli elegga quel che à giudicato, che è significato per Urania; nono che ben proferisca quel che à eletto, che è significato per Calliope. E perchè questi nove gradi fanno perfetto il poeta e contengonsi sotto la poesia, però lo nostro poeta ch’era salito per questi gradi all’altezza della poesia, invoca le Muse. Appresso dice: o alto ingegno. Ingegno secondo Papia è una virtù interiore d’animo, per la quale l’uomo da sè trova quello che dalli altri non à imparato; e perchè l’autore trovava cose nuove, che mai da altrui non avea imparate, però dice: o alto ingegno, or m’aiutate; cioè aiutate me Dante a componere questo poema. E per questa invocazione si dee intendere essere invocata la grazia di Dio, la quale ministra e dà li nove gradi significati per le muse e per l’ingegno. Aggiugne una esortazione dicendo: O mente, che scrivesti ciò ch’io vidi. Qui conforta l’autore la mente sua dicendo: O mente mia, che scrivesti ciò ch’io vidi, Qui si parrà la tua nobilitate; cioè in questo poema se vedrà quanto tu se’ nobile, quasi dicesse, sforzati. E doviamo sapere che mente è una parte dell’anima la più eccellente, per la quale l’uomo è detto sapere et avere intelligenzia. Una medesima anima à diverse operazioni, e secondo la diversità di quella à diversi nomi; in quanto vivifica il corpo, si chiama anima; in quanto vuole, si chiama animo; in quanto sa et intende, si chiama mente; in quanto giudica il diritto, si chiama ragione; in quanto si ricorda, si chiama memoria; in quanto spira, si chiama spirito; in quanto sente, si chiama sentimento; e però l’autore disse distintamente: O mente; cioè o scienzia et intelligenzia mia, che scrivesti; cioè trovasti et ordinasti ciò ch’io vidi; cioè fingo d’avere veduto con li occhi corporali: però che scrivere propiamente è delle mani, qui si pone per l’operazione della mente non proprie; ma allegoricamente si dee intendere avere veduti con li occhi mentali: qui; in questo poema, si parrà la tua nobilitate; cioè quanta è la tua scienzia et intelligenzia.
C. II - v. 10-36. In questi nove ternari lo nostro autore dimostra la dubitazione che li venne di potere seguire, poi ch’ebbe cominciato dicendo così, poi ch’ebbe fatta l’invocazione: Io cominciai; cioè io Dante dovendo incominciare impaurito della grande impresa