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SONETTO LXXVI
Solco tra duri scogli e fiero vento
L’ onde di questa vita in fragil legno;
L’ alto favor, e ’l mio fido sostegno
Tolse l’ acerba morte in un momento.
Veggio il mal grave, e ’l mio rimedio spento,
E ’l mar turbato, e l’ aere d’ ira pregno,
D’ atra tempesta uno infallibil segno,
E ’l valor proprio al mio soccorso lento.
Non che sommerga le commosse arene
Temo, nè rompa in perigliose sponde;
Ma duolmi il navigar priva di spene.
Almen, se Morte il vero porto asconde,
Mostrimi il falso suo, che chiare e amene
Mi saran le sue irate e torbid’ onde.
SONETTO LXXVII
Nel dolce stato mio da molti amari
Sospetti cinta, fra dubbiose spene
E certo affanno, fra diletto e pene
Sempre avean qualche nebbia i dì più chiari.
Non fur sì larghi allor, ch’ or tant’ avari
Deggian mostrarsi i Cieli, onde sostiene
Intiero mal per l’ imperfetto bene,
Che già godeva il cor negli anni cari.
Sotto sì fiera legge quel Signore
Del danno liberal, dell’ util parco,
Che fa i giorni infelici, e liete l’ ore,
Al crudo regno suo per dolce varco
Con frode ascosa, e sicurtà di fuore,
M’ indusse di fe nudo, e insidie carco.