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SONETTO LVIII


D
’ogni sua gloria fu largo al mio sole

   Il Ciel, che di virtù l’animo cinse,
   Il volto di color vaghi dipinse,
   E diede alto concento alle parole. 4
Di qui nacque il desio, com’Amor vuole,
   Che dal veder, e dall’udir costrinse
   La mente, in cui qual lume non estinse,
   Ma serba ancor le forme intere e sole. 8
Gli altri semplici sensi, che non fanno
   Concordia, ove beltà nasce, ed il vero
   Foco divin di gentil alma accende; 11
Non mi fur mai cagion di gioja, o danno,
   Che ’l chiaro foco mio fa ’l cor sì altero,
   Ch’ogni basso pensier sempre l’offende. 14

——

SONETTO LIX


N
odriva il cor d’una speranza viva,

   Fondata, e colta in sì nobil terreno,
   Che ’l frutto producea giocondo e ameno;
   Morte la svelse allor, ch’ella fioriva. 4
Giunsero insieme i bei pensieri a riva,
   Mutossi in notte oscura il dì sereno,
   Il nettar dolce in amaro veneno,
   Sol di tal ben non è la mente priva. 8
Ond’io dintorno, Amor, sovente avvampo,
   Parmi udir l’alto suon delle parole
   Giunger concento all’armonia celeste. 11
E vedo il folgorar del chiaro lampo,
   Che dentro al mio pensier avanza il Sole,
   Che fia vederlo fuor d’umana veste? 14