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SONETTO L
Già desiai, che fusse il mio bel Sole
Certo della mia salda, e pura fede,
Or vive in parte pur che sa, non crede,
L’ opre, i pensier, le voglie, e le parole.
Vede, che quanto ei volse, or segue e vuole
L’ alma, che ’l sente ognor, gli parla, il vede:
Sa che non mai nella memoria riede,
Perchè continuo il cor l’ adora e cole.
Vede le glorie sue, che gli altri onori
Vincon sì, che nè nuove, nè seconde
Parran nell’ altra età, ma prime e antiche.
Così il bel lume de’ suoi santi ardori
Scorga mia nave fra sì torbide onde
Fra scogli, e fra Sirene empie nemiche.
SONETTO LI
Ne’ più costante cor, nè meno ardente,
Più dolce suono, o men vivo desire,
Potran darmi giammai cotanto ardire,
Che a sì dubbia speranza erga la mente.
Nè men convien tra la perduta gente
Cercar rimedio al mio grave martire,
Nè tranquillar là giù gli sdegni e l’ ire;
Molto è il mio Sol da lor tenebre assente.
Ma se giova sperar in debil’ arte;
Di Fetonte l’ ardir, d’ Icar le piume,
Instrumenti sarieno al mio mal degni.
Da condurmi vicino a quella parte,
Ove soggiorna il mio fulgente lume,
Perch’ ei d’ alzarmi a miglior vol m’ insegni.