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SONETTO XLVIII.
Poichè l’alta cagion si fè immortale,
Discacciò dal mio cor tutto quel male,
Che gli amanti a furor spesso costringe. 4
Tanto l’immagin false or non depinge
Amor nella mia mente, nè m’assale
Timor; nè l’aureo, nè ’l piombato strale
Tra freni, e sproni or mi ritiene, or spinge. 8
Con salda fede in quell’immobil stato
M’appresenta il mio lume un bel pensiero
Sopra le stelle, la fortuna, e ’l fato. 11
Nè men sdegnoso un giorno, nè più altero
L’altro; ma sempre stabile e beato,
Questo Amor, ch’ora è il fermo, il buono, e ’l vero. 14
SONETTO XLIX.
Atto a serbar il suo lume fulgente,
Diede il ciel da’ primi anni la mia mente,
Che la ritien ancor viva ed intera. 4
Come a saldo sigillo molle cera
Fu il cor all’opre chiare; e ’l petto ardente
Segreto, e fido albergo, ove sovente
Depose i bei pensier l’anima altera. 8
Nè di Morte l’acerbe invide offese
Mi fan restar del gran tesor mendica,
Che vivo di sue glorie al mondo sole. 11
La mente il raggio bel, che pria l’accese,
E ’l cor l’impresso ben lieto nodrica,
E ’l petto il conservar l’alte parole.14