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SONETTO XXX.
All’altiera mia luce i miei pensieri,
Dovria cangiarli di fallaci in veri,
E ridurmi nel grado, onde mi tolse. 4
Ella d’un saldo laccio il cor m’avvolse,
Non fur li sensi semplici o leggieri;
Ella sostiene ancor quei nodi intieri
Sì, che ’l colpo mortal non li disciolse. 8
Ella mi fe seguir gli ardenti lumi,
Spregiando libertate, e ’n quel bel stato,
Passar con dolce speme i giorni amari. 11
Ma di speranza io priva, quei costumi
Dovria mutar in più securi e rari
Desiri omai, vincendo il Cielo irato. 14
SONETTO XXXI.
Per bassi effetti dell’umana vita,
Riman dal corso suo, quasi smarrita
Nave, ch’affretta in perigliosa calma. 4
Or come avvien, che questa fragil salma
Di mortal gonna, per mio danno ordita,
La tiri in terra, essendo in ciel salita
Con la sua luce gloriosa ed alma? 8
Ivi s’appaga, si nodrisce e vive,
E l’abitar in questo carcer sempre
Le saria grave, anzi pur viva morte. 11
Com’è, che minor nostro maggior prive
Del vero oggetto, e cangi l’alta sorte
L’alma, per star fra sì dubbiose tempre? 14