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SONETTO XXVI.


Q
uanti dolci pensieri, alti desiri

   Nodriva in me quel Sol, che d’ogn’intorno
   Sgombrò le nubi, e fè qui chiaro il giorno,
   Mentre appagò sua vista i miei martiri! 4
Soave il lagrimar, grati i sospiri
   Mi rendeva il sereno sguardo adorno,
   Mio vago lume, e mio sì bel soggiorno,
   Ch’or scorgo tenebroso, ove ch’io miri. 8
Veggio spento il valor, morte e smarrite
   L’alme virtuti; e le più nobil menti
   Per lo danno comun cieche e confuse. 11
Al suo sparir dal mondo son fuggite
   Di quello antico onor le voglie ardenti;
   E le mie d’ogni ben per sempre escluse. 14


SONETTO XXVII.


F
iammeggiavano i vivi lumi chiari,

   Ch’accendon di valor gli alti intelletti,
   L’anime sante, e i chiari spirti eletti
   Davan ciascun a prova i don più cari. 4
Non fur le Grazie parche, o i Cieli avari,
   Gli almi Pianeti in propria sede eretti
   Mostravan lieti quei benigni aspetti,
   Che instillan le virtù nei corpi rari. 8
Più chiaro giorno non aperse il Sole,
   S’udian per l’aere angelici concenti,
   Quanto volse Natura, all’opra ottenne. 11
Col sen carco di gigli e di viole
   Stava la terra, e ’l mar tranquillo e i venti,
   Quando ’l bel lume mio nel mondo venne. 14