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SONETTO XXIV


Qual nuova gemma, o qual ricco lavoro
   Di bel Smeraldo, o lucido Diamante
   Fia tal, Signor, ch’ esser degna si vante
   Tener del cener tuo l’ alto tesoro?
L’ anima gloriosa al primo coro
   Degli Angioli gradita or vede quante
   Lagrime io spargo; che le membra sante
   Non chiudo almen con puro argento ed oro.
Ma i chiari spirti, e i nobili intelletti
   Seguiran l’ orme belle, e i degni esempi,
   Mentre i mortali avran gloria ed onore.
L’ istorie lor perpetue, e i saggi petti
   Saran del nome tuo sacrato Tempio,
   Ch’ altr’ urna è breve a sì largo valore.


SONETTO XXV


Mentre l’aura amorosa, e ’l mio bel lume
   Fean vago il giorno, e l’aer chiaro e puro
   Con largo volo, e nel cammin securo
   Mossi già l’onorate altiere piume.
La luce sparve, e ’l placido costume
   Mutò il caso infelice, acerbo, e duro,
   Che ’l sentier intricato, e ’l Cielo oscuro
   Dimostra ascoso il mio celeste lume.
Morto, il vigor, che pria sostenne l’ale,
   S’estinse; onde alla strada eccelsa e sola
   Fa che ’l desir bramoso indarno s’erga.
Rimane il nome in me sì, che ’l mortale
   Dolor vincendo, io vivo; e ’l pensier vola
   Privo d’effetto, ove il mio Sole alberga.