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SONETTO XX.


Q
uanto s’interna al cor più d’anno in anno

   L’amorosa mia vista, men m’offende;
   La salute mi tolse, e al fin la rende
   Quel bel principio, ch’è rimedio e danno. 4
Dilettosa fatica, utile inganno,
   Ch’accorta d’esso l’alma si raccende
   A girle dietro; e dell’error, ch’intende,
   Si vive lieta, e del suo grave affanno. 8
Una viva ragion prima raffrena
   Il duol, poi lega i sensi; ed ella sciolta
   Con l’alto mio pensier volano insieme. 11
E mentre in grembo a lor men vo raccolta,
   Sì poco il mortal peso l’alma preme,
   Che se durasse, io sarei fuor di pena. 14


SONETTO XXI.


D
e’ gravosi pensier la turba infesta

   Signoreggia sì ’l cor, la mente, e l’alma,
   Che questa vita, e la noiosa salma,
   L’una m’è grave omai, l’altra molesta. 4
E la cogion, ch’al mio scampo sì presta
   Fu già, che d’ogni guerra intera palma
   Mi porse; or nella luce altera ed alma
   Si vive, e lascia me dogliosa e mesta. 8
Tempo ben fora, che dal martir vinta,
   O dal soccorso suo chiamata al Cielo,
   Avesser fin sì lunghi e amari giorni. 11
La propria man dal duol più volte spinta
   Fatto l’aria; ma quell’ardente zelo
   Di trovar lui fa pur, ch’a dietro io torni. 14