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SONETTO XVI.


C
ome non depos’io la mortal salma

   Al miglior tempo? da chi fu impedita,
   Per non volar in quella eterna vita
   L’alma al partir dell’altra mia ver’alma? 4
Con la sua bella scorta altiera ed alma
   Nascosi gli error miei nell’infinita
   Sua gloria, e seco all’altra strada unita
   Aria col merto suo ben ricca palma; 8
Che qua giù lieta, e poi là su beata
   Soavemente dal mondo disciolta
   Coi raggi del mio Sol tutta coverta, 11
Al dubbio passo er’io da lui guidata
   In terra, e ’n Ciel nel suo lume raccolta;
   Ma tanto ben appena il pensier merta. 14


SONETTO XVII.


Q
uand’io dal caro scoglio miro intorno

   La terra, e ’l Ciel nella vermiglia Aurora,
   Quante nebbie nel cor son nate allora,
   Scaccia la vaga vista, e ’l chiaro giorno. 4
S’erge il pensier col Sole, ond’io ritorno
   Al mio, che ’l ciel di maggior luce onora,
   E da quest’altro par, ch’ad ora ad ora
   Richiami l’alma al suo dolce soggiorno. 8
Per l’esempio d’Elia, non con l’ardente
   Celeste carro, ma col proprio aurato
   Venir se ’l finge l’amorosa mente 11
A cangiarne l’umil doglioso stato
   Con l’alto eterno; e in quel momento sente
   Lo spirto un raggio dell’ardor beato. 14