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SONETTO VIII


Perchè del Tauro l’infiammato corno
   Mandi virtù, che con novei colori
   Orni la terra de’ suoi vaghi fiori,
   E più bello rimeni Apollo il giorno;
E perch’ io veggia fonte, o prato adorno
   Di leggiadre alme, e pargoletti Amori,
   O dotti spirti a’ piè de’ sacri allori
   Con chiare note aprir l’ aer d’ intorno;
Non s’ allegra il cor tristo, o punto sgombra
   Della cura mortal, che sempre il preme,
   Sì le mie pene son tenaci e sole;
Che quanta gioia i lieti amanti ingombra,
   E quanto quì diletta, il mio bel Sole
   Con l’alma luce sua m’ asconde insieme.


SONETTO IX


Mentre io vissi quì in voi, lume beato,
   E meco voi, vostra mercede, unita
   Teneste l’ alma; era la nostra vita
   Morta in noi stessi, e viva nell’ amato.
Poichè per l’ alto e divin vostro stato
   Non son più a tanto ben qua giù gradita,
   Non manchi al cor fedel la vostra aita
   Contro il mondo ver noi nemico armato.
Sgombri le spesse nebbie d’ ogn’ intorno
   Sì, ch’ io trovi a volar spedite l’ ali
   Nel già preso da voi destro sentiero.
Vostro onor fia, ch’ io chiuda ai pensier frali
   Gli occhi in questo mortal fallace giorno
   Per aprirgli nell’ alto eterno e vero.