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XXXVI La Vita di

molta eleganza scrissero Agostino Bevazzano1, e l’Ariosto2 suoi principali ammiratori.

  1. O decus Italidum Virgo Victoria, castas
         Dignior Aonias inter babenda Deas,
    Quaenam fama tui rendet tibi praemia facti?
         Quis, caelo qui te laudibus aequet, erit?4
    Conjugis extincti cineres, manesque sepultos
         Corde geris, luges carmine, mente colis.
    Hajus & egregiam virtutem, animasque viriles,
         Factaque, non hominis femina voce sonas.’8
    Pro quibus insigni Phoebus tua tempora lauru
         Cinxit, & aeternum nomen habere dedit.
    Credo equidem: pereat Caelum, mare, terra, priusquam11
         Gloria deficiat nominis ista tui.
    Jam valeant: jam fama sile, quascumque vetustas
         Rettulit, amissis indoluisse viris.14
    Quid, tibi se ut conferre queant, fecisse videmus?
         Omnes feminei signa doloris habent.
    Defunctos luxere diu, aut periere; maritum
         Ipsa tuum invita vivere morte facis.
    Verso il fine delle sue Poesie latine.

  2. Nel Furioso Canto 37. così:

    Sceglieronne una, e sceglierolla tale,
         Che superato avrà l’invidia in modo,
         Che nessun’altra potrà avere a male,
         Se l’altre taccio, e se lei sola lodo.
         Quest’una ha non pur se fatta immortale
         Col dolce stil, di che il miglior non odo;
         Ma può qualunque; di cui parli, o scriva,
         Trar del sepolcro, e far che eterno viva.
    Come Febo la candida Sorella
         Fà più di luce adorna, e più la mira,
         Che Venere, o che Maja, o che altra stella,
         Che va col Cielo, o che da se si gira,
         Così facondia più che all’altre, a quella,
         Di che io vi parlo, e più dolcezza spira;
         E dà tal forza all’alte sue parole,
         Che orna a’ dì nostri il Ciel d’un altro Sole.
         Vittoria è il nome; e ben conviensi a nata
    Fra le vittorie; e a chi o vada, o stanzi