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XXIV La Vita di

dottissimo Uomo così ebbe a scriverne al Giovio. Ella a me pare vie più sodo, e più fondato giudizio avere, e più particolare e minuto discorso far sopra le mie Rime, di quello che io veggo a questi dì avere e saper fare gran parte de’ più scienziati, e maggiori maestri di queste medesime cose. E se io fossi fuori del giuoco, sicchè non si paresse, che io dicessi a favor mio, direi ancora molto più avanti che io non dico. Ella è sicuramente quella gran Donna, che voi avete ed al mondo più d’una volta dipinta con l’onorato inchiostro delle vostre prose, ed a me molte fiate disegnata con le parole. Nè penso giammai d’aver cotanto guadagnato quanto ora, poichè ella così onoratamente di me scrive1.

Era il settimo anno2 da che il Marchese di Pescara era salito a miglior vi-

  1. Op. Bemb. Vol. 3. pag. 65
  2. Che questa riforma della sua vita non debba porsi oltre al settimo anno della sua vedovanza, è manifesto dal Trionfo della Croce da lei composto, allorachè dopo la morte del marito

    Già sette volte avea girato intorno
    I segni, ove ne fa cangiar stagione
    Chi porta seco in ogni parte il giorno.

    Che poi ciò non seguisse prima di questo tempo, chiaramente appare dal Sonetto:

    Sperai, che ’l tempo i caldi alti desiri
    Temprasse alquanto, o dal mortal’affanno
    Fosse il cor vinto sì, che ’l settimo anno
    Non s’udisser sì lunge i miei sospiri.