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Vorrei gli umani error porre in oblio,
     Ch’essendomi tu guida, a maggior cose,
     69Ch’a mio stato non lice, ergo ’l desio.
Per man lieto mi prese, e non rispose
     Ai detti miei, ma allor seco mi strinse
     72Sì, che nel suo splendor tutta m’ascose:
Ond’io potea (sì del suo bel mi cinse)
     Veder quasi in un specchio quel, che ’l Cielo
     75Sol per suoi prieghi agli occhi miei dipinse;
Ma pria sentì, com’un squarciar di velo
     A me d’intorno, e caldo e puro vento
     78Tutta infiammarmi d’amoroso gielo.
Fa, ch’io possa ridir quel, che pavento,
     Tu che lo stato, e la salute al mondo
     81Amor donasti, e sei di te contento.
Io vidi allor un carro tal, ch’a tondo
     Il Ciel, la terra, il mar cinger parea
     84Col suo chiaro splendor vago e giocondo;
Sovra l’Imperador del Cielo avea
     Quel, che scese fra noi per noi scampare
     87Del servir grave, e della morte rea.
E come molti empir l’invidie avare
     De’ beni altrui, superbi trionfando,
     90Vil voglie d’un ingordo empio regnare;
Costui vinse e donò ’l suo Regno, quando
     In sacrificio se medesmo diede,
     93Col puro sangue il nostro error lavando.
Sua la vittoria, e nostra è la mercede:
     Fece, che vita abbiam del suo morire
     96Noi, ch’eravam del gran nemico prede.
Io avea già di tanto aspro martire
     Da mille inteso, e in mille carte letto;
     99E con sospir di quel solea gioire:
Però dinanzi a sì novo cospetto
     Non mi fu dunque la mia scorta presta
     102A trar d’errore e dubbio l’intelletto.