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SONETTO CCX


C
hi ritien l’alma omai, che nou sia sgombra

Dal carcer tetro, che l’annoda e stringe?
L’amata Luce al ciel la chiama e spinge;
     Folta nebbia d’errar qua giù l’ingombra:4
E se l’immagin, che ’l pensiero adombra,
     Anzi Amor di sua man nel cor dipinge,
     Frena il martir, l’acerba piaga linge;
     Che fia di là, se qui l’appaga l’ombra?8
Ma se timor del crudo pianto eterno
     Tronca l’audaci penne al bel desire;
     Quesio non è minor, che ’l proprio inferno.11
La patria, la ragion desti l’ardire,
     Mostrisi in opra al mio tormento interno,
     Che ben può nulla, chi non può morire.14

SONETTO CCXI.

P
adre eterno del Ciel, con quanto amore

     Grazia, lume, dolcezza in vari modi
     I’ uomo dal mondo, e da se stesso snodi,
     Perchè libero a te rivolga il core!4
Rivolto poi di puro interno ardore
     L’accendi e leghi con più saldi nodi;
     Poscia l’affermi con sì forti chiodi,
     Ch’ogni aspra morte gli par vivo onore;8
Dal pensier ferma nasce in lui la fede;
     Dalla fè lume, e dalla luce speme;
     E dal vero sperar fochi più vivi. 11
Onde non più rubello il desir cede
     Alla spirto, anzi al Ciel volano insieme,
     D’ogni cura mortal sdegnosi e schivi.14