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SONETTO CXCVI


Veggio rilucer sol di armate squadre
   I miei sì larghi campi, ed odo il canto
   Rivolto in grido, e ’l dolce riso in pianto
   Là ’ve io prima toccai l’antica madre.
Deh! mostrate con l’opre alte e leggiadre
   Le voglie umili, o Pastor saggio e santo!
   Vestite il sacro glorioso manto
   Come buon successor del primo Padre!
Semo, se ’l vero in voi non copre o adombra
   Lo sdegno, pur di quei più antichi vostri
   Figli, e da’ buoni per lungo uso amati;
Sotto un sol cielo, entro un sol grembo nati
   Sono, e nudriti insieme a la dolce ombra
   D’una sola città gli avoli nostri.


SONETTO CXCVII


Prego il Padre divin che tanta fiamma
   Mandi del foco Suo nel vostro core,
   Padre nostro terren, che de l’ardore
   De l’ira umana in voi non resti dramma.
Non mai da fier leone inerme damma
   Fuggi come da voi l’indegno amore
   Fuggirà del mortai caduco onore,
   Se di quel di là su l’alma s’infiamma.
Vedransi alor venir gli armenti lieti
   Al santo grembo caldo de la face
   Che ’l gran Lume del Ciel gli accese in terra.
Così le sacre gloriose reti
   Saran già colme; con la verga in pace
   Si rese il mondo, e non con l’armi in guerra.