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SONETTO CXXCIV
S’È ver, com egli dice, cb’io sospinta
D’alto infinito ardor viva di fede
Sì; che lo spirtò, allor che troppo eccede,
Zassa basso là carne .inferma e vinta g
Com ejyer può, che èsseido intorno cinta
Del bel raggio immortal, che ogni ombra vede,
Non scdrga quejsio error, 8° ei pur non crede
Ejjer la luce in me morta è dipinta?
Ma s ella è viva, io fe, che con soave
Poce lo sposo chiama, € vuol s’aspetti
Opra e valor quì d’arte e di natura:
Ond’a quer, ch’auno in lui di me la cura,
Di fuor la lascio, € dentrò i puri affetti
Volgo al Signor, c’ ba del. mio. cor la chiave.
SONETTO CXXCV
Simile a l’alta imagin Sua la mente
Del Padre eterno, mosso sol da amore,
Formò la mia, ch’ai primo antico onore
Di fede in fede or rinovar si sente;
Onde l’effigie Sua viva e possente
Sculta esser de’ ne l’alma, al cui valore
Sempre s’inchini, e la dipinta fore
Esser de’ ognor al veder mio presente.
Quella a lo spirto e questa agli occhi obietto
Essendo, avien che l’un si ciba e serra
Agli altri intorno ogni mondana luce;
Né la vista di fuor turba il diletto
Del sentimento dentro, se conduce
E l’una e l’altro il Lume che non erra.