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Soleva dire, che anzi avrebbe scelto di morire, che sopravvivere al marito; invidiare perciò la sorte di Lodovico e Bartolommea genitori di Francescomaria Molza, i quali si morirono nel medesimo giorno 1, intorno a che abbiamo di lei tre elegantissimi Sonetti, che ella inviò a questo celebre Poeta 2. Erale oltre modo grato ancora il soggiorno d’Ischia, perocchè quivi ebbe già in costume di trattenersi con esso lui gran parte dell’ anno; andava perciò ella dicendo di voler passare in quest’ Isola il rimanente de’ suoi giorni 3, dove mille oggetti ad ogn’ora le ricordavano le passate sue felicità.

  1. Nella Vita del Molza molto eruditamente scritta dal celebre Sig. Ab. Pierantonio Serassi, posta in principio del primo Vol. delle Opere di questo Poeta, raccolte novellamente ed illustrate dal medesimo. Bergamo 1747. appo Pietro Lancellotto.
  2. Leggasi la Sposizione del Corso sopra questi tre Sonetti a pag. 339. dell’ accennata edizione. Il primo comincia:

    Quanta invidia al mio Cor felici e rare.

    l’altro

    Alta fiamma amorosa, e ben nate alme

    ed il terzo

    Al bel leggiadro stil soggetto eguale.

    a questo ultimo il Molza rispose ripigliando le stesse rime col Sonetto:

    Ben fu nemico il mio destin fatale.

  3. V. il Sonetto:

    Quand’ io dal caro scoglio miro intorno

    e gli altri due citati nella nota (19), intorno al primo de’ quali parmi necessario avvertire l’ errore di Rinaldo Corso nella Sposizione dell’ ultimo terzetto a pag. 165. supponendo che Vittoria colla voce scoglio abbia voluto significare la propria costanza, non l’ Isola d’ Ischia, di cui sotto lo stesso nome ella parla in più luoghi delle sue Rime, siccome è chiaro dagli stessi comenti del Corso a pag. 269. e 468. senzachè in questo luogo, se per lo scoglio s’intenda quest’ Isola, il senso è per se chiaro e facile da intendersi; dove se vogliasi sottintendere la di lei costanza, avviene il contrario, e converrebbe dire, che ella non avesse espresso il suo pensiero colla solita sua eleganza.