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SONETTO CLXXXVIII


Q
ual arbor da la pia madre natura

     Fondata in buon terren con sì profonde
     Radici, che ’l bel frutto, il fior, la fronde
     Mostran, ch’è culto con mirabil cura,4
Cui poi malvagio verme entro la pura
     Medolla, la consuma, ov’ei s’asconde,
     E fa le sue virtuti egre infeconde,
     E la vaghezza sua languida, oscura;8
Tal l’alma bella, se in se stessa fermo
     Asconde un grave error, le macchia, e strugge
     L’immagin prima dell’eterna luce,11
S’ella pentita e umil tosto non fugge
     Al fonte di Gesù, che sol riduce
     Sano col merto suo l’animo infermo.14


SONETTO CLXXXIX


Q
ual lampa, a cui già manca il caldo umore,

     Che la nudriva, onde ella ancor si sente
     Mancar sì, che virtù vivace ardente
     Mostra e s’avvampa forte all’ultime ore;4
Tal tu buon Federico invitto, il core
     Sempre mostrasti; ma più assai possente
     Apparve, e la tua fede alta lucente
     Nel fin sospinto dal divino onore.8
L’ire, gli sdegni, e mille insidie intorno
     Correndo sol con l’occhio fiso al vero,
     Per lo destro sentier lieto spreggiasti.11
Or godi sotto il giusto, largo Impero
     L’alta giustizia, de la qual t’armasti,
     Quando il gran Sol t’aperse il Suo bel giorno.14