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SONETTO CLXXXVI


S’una scintilla sol di luce pura
   Vedeste in quel gran specchio in croce aperto,
   Mentre affannata in questo aspro deserto
   Vi veggio intenta a vana inutil cura,
Forse fuggir vedrei la nebbia oscura •
   Che sì chiaro splendor vi tien coperto;
   Poi quanto il mondo infin’ad or v’ha offerto
   Vi rende men felice e men sicura.
Vedreste alor le reti, il vischio e gli ami
   Del reo aversario; onde il pensier disciolto
   Dal basso e grave andrebbe alto e leggiero;
La divina ragion supremo impero
   Avendo al core, i fieri aspri legami
   Scioglier potrebbe, ove or si trova involto.

SONETTO CLXXXVIi


S’una scintilla in voi l’alto superno
   Fonte mandasse de la sacra viva
   Acqua, che, ben gustata, in tutto priva
   Di sete temporal l’alma in eterno,
De l’opre e de’ pensier cura e governo
   Lasciando al Signor vero, e sciolta e schiva,
   Senza cercar più questa o quella riva,
   Vi fora albergo il Ciel la state e ’l verno.
Empie questa acqua santa il cor di gioia
   Si, che per gli occhi, Sua mercé, li rende
   Di dolce pianto pura e larga pioggia;
Onde l’ardor divin non porge noia,
   Ch’or si rinfresca l’alma, or si raccende,
   E per l’uno e per l’altra in alto poggia.