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SONETTO CLXXXII


N
on si scusa il mio cor, quand’ei t’offende,

     Nè per sempre, Signor, vuoi, ch’io il condanni;
     Tuo Figlio in croce l’un di questi affanni
     Mi tolse, e l’altro in Ciel continuo prende;4
Ei qu’ ti satisfece, ivi ti rende
     Conto dei tanti miei sì mal spesi anni,
     Mostrando i lacci antichi, e i novi inganni,
     Che ’l mondo ordisce, e l’avversario tende:8
Ei degno e giusto agli occhi tuoi ricopre
     Me ingiusta e indegna con quel largo manto
     Col quale me nasconde, e se stesso opre;11
Con lui mostro il mio duol, con lui fo il pianto
     Delle mie colpe, non armata d’opre,
     Ma d’un scudo di fede invitto e santo.14


SONETTO CLXXXIII


P
ar che ’l celeste Sol sì forte allume

     Alcune anime elette, e sì dappresso,
     Che ’l raggio bel sin dentro il cor impresso
     Splenda di fuor nel chiaro lor costume.4
E ’l mio pensier per lor con nuove piume
     S’erge (mercè del Ciel) sovra se stesso:
     E dice: o quanto è quel, ch’in queste ha espresso
     Breve scintilla del Suo eterno lume.8
E pur lampeggian sì, che fan quest’ombre
     Del sentier, ove l’alma oggi cammina,
     Mal grado suo, men spesse, e meno oscure;11
Perchè fede fan quì de la divina
     Luce là su, che d’ogn’intorno sgombre
     Le nostre tenebrose umane cure.14