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SONETTO CLXXX


P
er far col seme suo buon frutto in noi,

     E bagnar del mio cor l’arida terra,
     Dona dei rivi Suoi, ch’or apre, or serra,
     La chiave il fonte eterno a un sol di voi.4
Ei guarda prima, e ben distingue poi,
     Qual fango il sacro germe in me sotterra,
     E quel purga e dissolve, e mai non erra
     La fede umil, che regge i pensier suoi.8
Con tanta esperienzia, e con sì grave
     Modo rivolge l’acqua, e sì a misura,
     Che ove la macchia è impressa, ivi si stende.11
Diede per quasi disperata cura
     L’aspro mio petto al suo spirto soave
     Colui, che solo i gran segreti intende.14


SONETTO CLXXXI


I
o non sento, che in ciel, dove è verace

     Tesoro, e pieno ben, piena allegrezza,
     S’abbia di dominar sete, o vaghezza,
     Ma d’amar e di viver sempre in pace.4
Piacque al Signor eternamente, e piace
     Un amoroso cor, che somma altezza
     Trovi nell’umiltà, vera ricchezza
     In quella povertà, ch’aiìl mondo spiace;8
E lui sol miri in cielo, e in terra i degni
     Specchi a noi della sua sempre maggiore,
     E sopra ogni altra gloriosa luce.11
Non stan pensieri oscuri, obietti indegni
     Nell’alma, in cui scintilla arde d’amore:
     Sì puro, e di tal Sol raggio riluce.14