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SONETTO CLXII
Batte la mia Colonna entro e d’intorno;
La notte in foco, e in chiara nube il giorno
Veggio quella celeste alta e beata4
(Sua mercè) con la mente, onde portata
Son in parte talor, che se in me torno
Dal naturai amor, che fa soggiorno
Dentr’al mio cor, ben spesso richiamata,8
Mi par per lungo spazio e queto e puro,
Quanto discerno, e quanto sento caro.
Non so se l’alma per suo ben vaneggia,11
O pur se ’l largo mio Signor, che avaro
Di fuor Si mostra al tempo freddo oscuro,
Dentro più dell’usato arde e lampeggia.14
SONETTO CLXIII
Ne infiamma, e col gran Padre in dolce modo
Per mezzo del Signor nostro ad un nodo
Lega l’alme ben nate in vero amore;4
Tante grazie, e non più può darti il core,
Quanto lume riceve, e quel sol lodo,
Che (tua mercede) intendo, e mentre godo
Del foco sacro tuo, ti rendo onore.8
Io per me sono un’ombra indegna e vile,
Sol per virtù dell’alme piaghe sante
Del mìo Signor, non per mio merto, viva;11
Egli giusta mi rende, sciolta e priva
Del vecchio Adamo; e tu mio caro amante
Rendimi ognor più accesa, ognor più umile.14