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SONETTO CXLVIII
Non può meco parlar de l’infinita
Bontà, donna fedel, la vostra mente,
Ch’intrando in quel gran pelago si sente
Tirar con dolce forza a l’altra vita.
Non ha discorso alor, mentre gradita
Sovra l’uso mondan l’alma consente,
Che, se non si discioglia, almen s’aliente
Il nodo che la tien col corpo unita.
Nel conspetto divino il nostro indegno
Voler s’asconde, sì ch’ella non vede
Né sente altro ch’ardor, diletto e luce,
E porta, poi, quando a se stessa riede,
Impresso del gran Lume un sì bel segno
Che dal cor vostro agli occhi miei traluce.
SONETTO CXLIX
Odo ch’avete speso ornai gran parte
De’ miglior anni dietro al van lavoro
D’aver la pietra ch’i metalli in oro
Par che converta sol per forza d’arte,
E che ’l vivo Mercurio e ’l ferreo Marte
Col vostro falso sol sono il ristoro
Del già smarrito onor per quel tesoro
Ch’or questo idolo or quel con voi comparte.
Correte a Cristo, la cui vera pietra
Il piombo de l’error nostro converte
Col sol de la Sua grazia in oro eterno;
Soffiate al foco Suo, che sol ne spetra
Dal duro ghiaccio umano, e per le certe
Ricchezze andate al gran tesor superno.