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SONETTO CXLVI
D’eterno lume, serbi la sembianza
Del gran Motor ne la più interna stanza,
Ove albergar non puote immagin finta,4
Forse da quella ardente voglia spinta,
Che mai non s’empie, anzi ad ognor s’avanza,
Com’esser suol de’ veri amanti usanza,
Aggradir le potrebbe anco dipinta.8
Ciò pensando, signor, la vostra umile
Nova madre ed ancella, ora v’invia
L’opra, ch’in voi miglior mastro scolpio;11
Pregandovi, ch’a dir grave non sia,
Se questa in parte a quell’altra è simile,
Cui sempre mira il vostro alto desio.14
SONETTO CXLVII
Che mostra spesso al vostro acceso core,
Mentre infiammato voi d’eterno ardore,
Gli spirti avete in lei paghi e contenti;4
Serba ancor, si vivaci e sì lucenti,
Ch’io mirando sovente il bel splendore,
Tremo, ardo, piango, e bramo a tutte l’ore
Di tener gli occhi in lei fissi ed intenti;8
Dicendo: o vedess’io quando il gran Sole,
Quasi in chiaro cristallo arde e risplende
Nella lucida vostra alma beata;11
Ed ella le faville ardenti e sole
Ricevute da lui lieta li rende,
E ne riman via più, che prima ornata!».14