Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
145 |
SONETTO CXXVIII
Basta a far forte, e pien d’alto valore
Un fedel servo sì, ch’ogni vigore
Ha sempre in guerra di vittorie cinto;4
Quanto più arditamente Ignazio spinto
Fu al tormento, alle bestie, ed al dolore,
Avendol sculto in lettre d’oro al core
Sicuro allor di più non esser vinto?8
Chè nè foco, nè venti, nè saetta
Poteano entrar fra cotal scudo, e lui;
Sì forte e interna fu la sua diffesa.11
Il mortal velo era in potere altrui,
Ma l’alma invitta già sicura eletta
Stava col suo Gesù d’amore accesa.14
SONETTO CXXIX
Te ’n porti il cor per non vedute scale,
Ove nostro sperar per se non sale,
Nè dassi ad uom mortal, che a tanto aspiri;4
Tu porgi agli affannati bei desiri
Virtù da non spiegare indarno l’ale;
Tu sol far puoi, ch’un alma inferma e frale
Al tuo vivo splendor s’erga e respiri.8
O benedetta luce, a cui d’intorno
Fuggon queste false ombre, e nudo il vero,
Quant’occhio mirar può, chiaro si scopre!11
Benedetto colui ch’ogni pensero
Ferma a’ bei raggi, e benedette l’opre,
Che fien lodate in quello eterno giorno.14