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SONETTO CXXVI
Francesco, in cui sì come in umil cera
Con sigillo d’amor sì vive impresse
Gesù l’aspre Sue piaghe, e sol t’elesse
A mostrarne di Sé l’imagin vera,
Quanto ti strinse ed a te quanto intera
Die’ la Sua forma e le virtuti stesse,
Onde fra noi per la Sua sposa eresse
Il tempio, il seggio e l’alma insegna altera!
Povertate, umil vita e l’altre tante
Grazie t’alzaro al più sublime stato
Quanto più ti tenesti e basso e vile;
L’amasti in terra, or prega in Ciel, beato
Spirto, ch’io segua la bell’orma umile,
I pensier, i desiri e l’opre sante.
SONETTO CXXVII
Dietro al divino tuo gran Capitano
Seguendo l’orma bella, ardito intrasti
Fra perigliose insidie, aspri contrasti,
Con l’arme sol de l’umiltade in mano;
Mentre, il mondo sprezzando, e nudo e piano,
Solo de la tua croce ricco, andasti
Per deserti selvaggi, a noi mostrasti
Quanto arda il divin raggio un cor umano,
Divo Francesco, a cui l’alto Signore
Nel cor l’istoria di Sua man dipinse
Del divin Suo vèr noi sì grande amore;
Poi Seco t’abbracciò tanto e distrinse
Che scolpio dentro, sì ch’apparver fore
Le piaghe ond’Ei la morte e ’l mondo vinse.