Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
142 |
SONETTO CXXII
Il Martir primo in Dio le luci fisse
Tenne, pregando sì, ch’al ciel prescrisse
Il far del suo morir degna vendetta;4
Anzi ogni pietra a lui quasi saetta
Parea, che ’l ciel più largamente aprisse:
Ed ei più pronto, e più lieto sen gisse
Verso la gloria al suo martir eletta.8
Per suoi nemici orò: nè mercè impetra
Madre con tal desio per figlio caro;
Quant’ei pregò per lor con dolce pieta.11
Nè mai lucida gemma ad uomo avaro
Fu in pregio sì, come a lui quella pietra,
Che più dritto li giunse in mezzo ’l core.14
SONETTO CXXIII
Foco celeste dentro in modo ardea,
Che le fiamme mortai, ch’intorno avea
Sì accese, a lui parean gelate e spente;4
Non ebbe il desir parco, o le man lente
Al tesoro donar, perch’ei godea
Dell’alto eterno, u’ già ricca vivea
Lungi dal corpo suo l’accesa mente.8
E disse: la sua notte all’empio duce
Non era oscura, però che ’l gran Sole
L’avea dei raggi suoi cinto ed armato.11
Con l’opra, coi pensier, con le parole,
Mostrò che possedea l’almo e beato
Ardor, l’oro immortal, la vera luce.14