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SONETTO CXXII


N
on sol per la sua mente e pura e retta

     Il Martir primo in Dio le luci fisse
     Tenne, pregando sì, ch’al ciel prescrisse
     Il far del suo morir degna vendetta;4
Anzi ogni pietra a lui quasi saetta
     Parea, che ’l ciel più largamente aprisse:
     Ed ei più pronto, e più lieto sen gisse
     Verso la gloria al suo martir eletta.8
Per suoi nemici orò: nè mercè impetra
     Madre con tal desio per figlio caro;
     Quant’ei pregò per lor con dolce pieta.11
Nè mai lucida gemma ad uomo avaro
     Fu in pregio sì, come a lui quella pietra,
     Che più dritto li giunse in mezzo ’l core.14


SONETTO CXXIII


Q
uel chiaro spirto, in cui vivo ed ardente

     Foco celeste dentro in modo ardea,
     Che le fiamme mortai, ch’intorno avea
     Sì accese, a lui parean gelate e spente;4
Non ebbe il desir parco, o le man lente
     Al tesoro donar, perch’ei godea
     Dell’alto eterno, u’ già ricca vivea
     Lungi dal corpo suo l’accesa mente.8
E disse: la sua notte all’empio duce
     Non era oscura, però che ’l gran Sole
     L’avea dei raggi suoi cinto ed armato.11
Con l’opra, coi pensier, con le parole,
     Mostrò che possedea l’almo e beato
     Ardor, l’oro immortal, la vera luce.14