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SONETTO XCII


Q
uando fia il dì, Signor, che ’l mio pensero

     Intento e fisso in voi sempre vi veggia,
     Che mentre fra le nebbie erra e vaneggia:
     Mal si puote fermar nel lume vero.4
Scorgo sovente un bel disegno altero,
     Ch’entro ’l mio cor lo spirto vostro ombreggia,
     Ma quel vivo color, se ben lampeggia,
     Pur non si mostra mai chiaro ed intero.8
Deh squarci omai la man piagata il velo,
     Che ’n questo cieco error già quattro lustri
     Fra varie tempre ancor mi tiene involta.11
Onde non più da rai foschi od illustri
     S’affreni, o sproni l’alma, ma disciolta
     Miri il gran Sol nel più beato cielo.14


SONETTO XCIII


C
eleste Imperador, saggio, prudente,

     Sacerdote divin, pastore e padre,
     Muovi ver noi da le tue invitte squadre
     Un sol dei raggi tuoi chiaro, lucente;4
Ch’allumi, e purghi omai l’oscura gente
     Della tua sposa nostra, vera madre;
     Rinnova in lei l’antiche opre leggiadre,
     Che nacquer sol di caritate ardente.8
Va il gregge sparso per cibarsi, e trova
     I paschi amari; ond’ei se ’n torna, ed ode
     Risonar l’arme altrui nel proprio ovile.11
E s’alcun (tua mercede) in pace gode
     Sì, che la guerra sprezzi, e tenga a vile,
     Per disturbarlo il mondo ogn’arte prova.14