Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
123 |
SONETTO LXXXIV
Con impeto e furor ben fermo scoglio;
Se saldo il trova, il procelloso orgoglio
Si frange, e cade in se medesma l’onda;4
Tal io, s’incontra a me vien la profonda
Acqua mondana irata, come soglio,
Levo al ciel gli occhi; e tanto più la spoglio
Del suo vigor, quanto più forte abonda.8
E se talor il vento del desio
Ritenta nova guerra, io corro al lido,
E d’un laccio d’amor con fede attorto11
Lego il mio legno a quella, in cui mi fido
Viva pietra Gesù; sì che quand’io
Voglio, posso ad ognor ritrarmi in porto.14
SONETTO LXXXV
Occhio mirasse l’uom nostra natura;
Ch’al crescere e scemar della misura
Prescritta al corpo altri s’adopra in vano;4
Delle bisogne sue l’ingegno umano
Al Padre eterno con la mente pura;
Che veste i gigli, e degli augelli ha cura;
Porrebbe lieto ogni pensiero in mano.8
Chè s’ei tutto ’l ben nostro ha in se raccolto;
Ami solo pur lui; sol prenda a sdegno
Volger le luci altrove un gentil core.11
Col lato aperto su dal santo legno
Ne chiama sempre, colmo il petto e ’l volto,
D’infinita pietà, d’immenso amore.14