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SONETTO LXXXII
Non vide, nè vedrà; ma sempre vede,
Toglie dal petto ardente (sua mercede)
I dubbi del servil freddo timore:4
Sapendo che i momenti tutti e l’ore,
Le parole, i pensier, l’opre, e la fede
Discerne; nè velar altrui concede
Per inganni, o per forza un puro core.8
Sicuri del suo dolce e giusto impero,
Non come il primo Padre, e la sua donna,
Debbiam del nostro error biasmare altrui;11
Ma con la speme accesa, e dolor vero
Aprir dentro, passando oltra la gonna,
I falli nostri a solo a sol con lui.14
SONETTO LXXXIII
D’Erode per divina alta cagione,
Fuor dell’umana lor cieca ragione
Entrar del natio regno al camin vero:4
Così conviene a noi fuggir dal fero
Mondo nimico, e con più acuto sprone
Trovar la nostra eterna regione
Per altro più solingo e bel sentero.8
Altera voglia, e rio disubbidire
Ne fè cader dal cielo in questa valle;
U’ purga un lungo esilio un breve errore,11
Ma per grazia di Dio può risalire
L’uomo alla patria vera, al primo onore
Per quel dell’umiltà sicuro calle.14