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SONETTO LXXIV


Q
uando nel cor dalla superna sede

     Giunge il raggio divin; prima l’invoglia
     A lasciar la bramosa indegna voglia
     Di faticar per vil breve mercede.4
Poi se purgato, e fatto umil il vede:
     Pentito del suo error con grave doglia,
     Lo raccende, e rinova in tutto, e spoglia
     Del mondo, e l’arma di celeste fede.8
E poi li mostra questo anco esser ombra
     Del vero lume, ed arra de la pace
     Che legar puote i chiari spirti insieme.11
Si vede l’alma allor, poi che si sgombra,
     Nella porta del ciel, di fede e speme
     Entrar ardendo nell’eterna pace.14


SONETTO LXXV


T
ira su l’alma al ciel col suo d’amore

     Laccio attorto il gran Padre; e stringe il nodo
     Per man del caro figlio; e sì bel modo,
     Non men che l’opra stessa, appaga il core:4
Tal ch’io sento sottil vivace ardore
     Penetrar dentro sì, ch’ardendo godo,
     E chiaro, ed alto grido ascolto ed odo,
     Che mi richiama a più verace onore;8
Gradi di fede, e caritate e speme,
     E di quella umiltà, che l’uom sublima,
     Ne fanno scala infino al ciel superno;11
Ove l’alme beate unite insieme
     Di mano in man da l’ultima a la prima
     Si miran tutte nel gran specchio eterno.14