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SONETTO LXX
Ovunque giro gli occhi o fermo il core
In questa oscura luce e viver morto
Nostro, dove il sentier dritto dal torto
Mal si discerne infin a l’ultime ore,
Sento or per falsa speme, or per timore,
Mancar a l’alma il suo vital conforto
S’ella non entra in quel sicuro porto
De la piaga ch’in croce aperse amore.
Ivi s’appaga e vive, ivi s’onora
Per umil fede, ivi tutta si strugge
Per rinovarsi a l’altra miglior vita;
Tanto ella queste fosche e mondane ugge
Schifa, e del vero Sol gode l’aurora,
Quanto più dentro a lei si sta romita.
SONETTO LXXI
Il Sol, che i raggi Suoi fra noi comparte,
Sempre con non men pia che giusta voglia
Ne veste di virtù, di vizi spoglia,
Solo per Sua mercé, non per nostra arte.
Che giova il volger di cotante carte?
Preghiamo Lui che d’ogni error ne scioglia,
Ché quanto l’alma in se stessa s’invoglia
Tanto dal vero suo lume si parte.
L’occhio sinistro chiuso, il destro aperto,
L’ale de la speranza e de la fede
Fan volar alto l’amorosa mente;
Per verace umiltà si rende certo
De’ sacri detti, anzi col cor li sente
Colui che poco studia e molto crede.