Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
115 |
SONETTO LXVIII
Che quasi secca era da me sbandita,
Di veder l’alma, e mal da noi gradita,
Terra, che ’l gran sepolcro adorna e preme.4
Odo ch’or gente intrepida non teme
Tormenti e morte; anzi è cotanto ardita
Alla fede fra noi quasi smarrita,
Che ’l sangue lor agli altri è vivo seme8
Sì fecondo, che sol ben pochi eletti
Fan da molti chiamar ad alta voce
Il verace Signor, già loro ignoto:11
Ed a scorno di noi, con vivi effetti
Il segno ancor dell’onorata croce
Faran con maggior gloria al mondo noto.14
SONETTO LXIX
Previdenza si mostra, mi parea
Veder l’insegna di quell’aspra e rea
Morte, che diede a noi sì dolce vita.4
Era lucida, e chiara, e sì gradita
Ch’io lieta del suo onor meco godea;
Quando udì voce in ciel, che si dolea
Ch’ella fosse da noi quasi schernita,8
E che le mure, e i panni, ed ogni fronte
S’onorasse di lei; ma nulla mente
Pur ombreggiasse il glorioso segno.11
Pregar dunque si dè con le man gionte,
Che sopra noi non cada il giusto sdegno,
Dandone in preda a men devota gente.14