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SONETTO LXVIII


G
ià si rinverde la gioiosa speme,

     Che quasi secca era da me sbandita,
     Di veder l’alma, e mal da noi gradita,
     Terra, che ’l gran sepolcro adorna e preme.4
Odo ch’or gente intrepida non teme
     Tormenti e morte; anzi è cotanto ardita
     Alla fede fra noi quasi smarrita,
     Che ’l sangue lor agli altri è vivo seme8
Sì fecondo, che sol ben pochi eletti
     Fan da molti chiamar ad alta voce
     Il verace Signor, già loro ignoto:11
Ed a scorno di noi, con vivi effetti
     Il segno ancor dell’onorata croce
     Faran con maggior gloria al mondo noto.14

SONETTO LXIX


N
ell’alta cima, dove l’infinita

     Previdenza si mostra, mi parea
     Veder l’insegna di quell’aspra e rea
     Morte, che diede a noi sì dolce vita.4
Era lucida, e chiara, e sì gradita
     Ch’io lieta del suo onor meco godea;
     Quando udì voce in ciel, che si dolea
     Ch’ella fosse da noi quasi schernita,8
E che le mure, e i panni, ed ogni fronte
     S’onorasse di lei; ma nulla mente
     Pur ombreggiasse il glorioso segno.11
Pregar dunque si dè con le man gionte,
     Che sopra noi non cada il giusto sdegno,
     Dandone in preda a men devota gente.14