Pagina:Colonna - Rime, 1760.djvu/166


114

SONETTO LXVI


Q
uasi rotonda palla accesa intorno

     Di mille stelle veggio, e un Sol, che splende
     Fra lor con tal virtù, ch’ognor le accende,
     Non come il nostro, che le spegne il giorno.4
Or quando fia, che l’alma in quel soggiorno
     Segua il pensier, che tanto in su s’estende,
     Che spesso quel, che ’n ciel piglia, non rende
     Alla memoria poi nel suo ritorno?8
Ond’io dipingo in carte una fosca ombra
     Per quel Sol vivo, e de le cose eterne
     Parlo fra noi con voci roche e frali.11
Quant’ei si vuol talor mostrar, discerne
     La mente, e sol quand’ei le presta l’ali;
     Vola, e mentre le nebbie apre e disgombra.14


SONETTO LXVII


T
alor l’umana mente alzata a volo

     Con l’ali de la speme e della fede
     (Mercè di Lui, che ’l fa) sotto si vede
     L’aere e la terra; e l’uno e l’altro polo.4
Poi sormontando e questo, e quello stuolo
     Degli angeli abbandona; perchè crede
     Esser di Dio figliuola, e vera erede;
     Onde vola a parlargli a solo a solo.8
Egli pietoso non risguarda il merto,
     Nè l’indegna natura, e solo scorge
     L’amor, ch’a tanto ardir l’accende e sprona.11
Talchè i secreti suoi nel lato aperto
     Le mostra, e la piagata man le porge
     Soavemente, e poi seco ragiona.14