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SONETTO LXII


P
oi che la vera ed invisibil luce

     N’apparve chiara in Cristo, ond’or per fede
     L’eterna eredità, l’ampia mercede
     Fra l’aperte Sue piaghe a noi traluce:4
Qual scorta infida, e vano error ne ’nduce
     A por su l’alta gloriosa sede
     De l’alma il senso, che sol ombra vede,
     Lasciando il vero Sol, ch’ai Ciel conduce?8
La cui virtù con l’orma, e con l’esempio,
     Con la moderna istoria, e con l’antica
     Ne chiama e sprona al destro, ed erto calle.11
Ma questo labirinto obliquo ed empio,
     Che porta sempre in più profonda valle,
     Il cieco veder nostro ognora intrica.14


SONETTO LXIII


S
e le dolcezze, che dal vivo fonte

     Divino stillan dentro un gentil core,
     Apparissero al mondo ancor di fuore
     Con bella pace in puro amor congionte;4
Forse sarebbon più palesi e conte
     Le cagion da sdegnar ricchezza e onore:
     Onde i più saggi lieti, ebri d’amore,
     Andrebbon con la croce a l’erto monte;8
Per sentir con la morte dolce vita
     Non solo eternamente, ma in quel punto,
     Ch’agli altri di lasciar quest’ombre spiace.11
Quando lo spirto vivo è a Dio congiunto
     Con umil voglia al Suo voler unita,
     L’aperta guerra gli è secreta pace.14