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SONETTO LVIII


S
’io piena con Zacheo d’inteso affetto

     Per mirar quel gran Sol, ch’a noi fa giorno,
     M’alzassi, tanto che le turbe intorno
     Non fesser ombra al mio basso intelletto:4
Sperar potrei, che questo indegno petto
     Gli fosse albergo; e ’n quel breve soggiorno
     Sì mi scaldasse il suo bel lume adorno
     Ch’io gustassi altro, che mondan diletto:8
E che poi lieta umil nel gran convito
     Gli appresentassi una candida fede
     Per mensa, e poi per cibo l’alma e ’l core:11
Tal ch’ei ver me dicesse: omai sbandito
     Fia da te il vizio; e larga ampia mercede
     Serberà il cielo al tuo verace amore».14


SONETTO LIX


S
e con l’armi celesti avess’io vinto

     Me stessa, i sensi, e la ragion umana,
     Andrei con altro spirto alta e lontana
     Dal mondo e dal suo onor falso e dipinto.4
Sull’ali della fede il pensier cinto
     Di speme omai non più caduca e vana,
     Sarebbe fuor di questa valle insana
     Da verace virtute alzato e spinto.8
Ben ho già fermo l’occhio al miglior fine
     Del nostro corso; ma non volo ancora
     Per lo destro sentier salda e leggiera.11
Veggio i segni del Sol, scorgo l’aurora;
     Ma per li sacri giri a le divine
     Stanze non entro in quella luce vera.14