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SONETTO LVI
Con che saggio consiglio e sottil cura
Dee l’uom d’intorno e dentro e lungi e presso
Guardar, ornar e pulir l’alma spesso
Con severo occhio e con giusta misura,
Sapendo che di Dio per la man pura
Del santo amor v’è sempre il volto impresso
Si, che acciò ch’Egli in noi veggia Se stesso
Non macchi fallo uman la Sua figura.
Lontan da sé l’imagin falsa sgombri,
E, mentre può, s’adorni de la vera
Chiunque al vero onor l’anima invia,
E del divino amor tanto s’ingombri
Che si purghi e rinovi, onde l’altera
Luce non scorga in lui più cosa vile.
SONETTO LVII
Il buon Pastor con opre e voci pronte
Al nostro ben molt’anni ha richiamato
Il gregge Suo dal periglioso prato,
U’ smarrito era, al bel sicuro monte.
Poi le colpe di lui, per far ben conte
L’accese voglie, in croce n’ha portato,
Ove di chiodi e spine insieme ornato
Sparso ha d’acqua e di sangue un vivo fonte;
Ond’ei si pasca e riverisca inseme
Il Padre eterno, e con un pianto breve
Lavi e mandi in oblio ben lungo errore.
Gran nebbia copre un cor, gran sasso il preme,
S’a un raggio sol di così vivo ardore
Non si consuma come cera o neve.