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SONETTO XLVI


Vanno i pensier talor carghi di vera
   Fede al gran Figlio in croce, ed indi quella
   Luce, ch’Ei porge lor serena e bella,
   Li guida al Padre in gloriosa schiera;
Né questo almo favor rende più altera
   L’alma fedel, poi che fatta è rubella
   Del mondo e di se stessa; anzi rende ella
   A Dio de l’onor Suo la gloria intera.
Non giungon Fumane ali a l’alto segno
   Senza il vento divin, né l’occhio scopre
   Il bel destro sentier senza ’l gran lume.
Cieco è ’l nostro voler, vane son l’opre,
   Cadono al primo voi le mortai piume
   Senza quel di Gesù fermo sostegno.


SONETTO XLVII


Qual digiuno augellin, che vede ed ode
   Batter l’ali a la madre intorno quando
   Li reca il nudrimento, ond’egli amando
   Il cibo e quella si rallegra e gode,
E dentro al nido suo si strugge e rode
   Per desio di seguirla anch’ei volando,
   E la ringrazia, in tal modo cantando
   Che par ch’oltra il poter la lingua snode;
Tal io, qualor il caldo raggio e vivo
   Del divin Sole onde nudrisco il core
   Più de l’usato lucido lampeggia,
Movo la penna, mossa da l’amore
   Interno, e senza ch’io stessa m’aveggia
   Di quel ch’io dico le Sue lodi scrivo.