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SONETTO XII
Vivo ramo son’io nell’ampia e vera
Vite, ch’abbraccia il mondo, e seco intera
Vuol la nostra virtù solo per fede; 4
L’occhio divino tuo languir mi vede
Per l’ombra intorno alle mie frondi nera;
S’alla soave eterna Primavera
Il quasi secco umor verde non riede: 8
Purgami sì, che rimanendo io teco
Mi cibi ognor della rugiada santa,
E rinfreschi col pianto la radice. 11
Verità sei, dicesti d’esser meco:
Vien dunque omai, sicch’io frutto felice
Faccia in te degno di sì cara pianta. 14
——
SONETTO XIII
L’un per condurre a fin caduco e frale
Un pensier breve, un’opra egra e mortale;
Col qual pensa, discerne, intende, e vuole: 4
L’altro, per cui sol Dio s’onora e cole,
Ne scorge al ciel per disusate scale;
Ed indi poggian poi più su quell’ale,
Ch’egli (sua gran mercè) conceder suole. 8
Col primo natural la voglia indegna
Vince quel cor gentil, che sproni e freno
Dona all’alta ragion d’ogni desio: 11
Con l’altro il mondo, e se medesmo sdegna
Colui, che chiude all’ombra, ed apre il seno
Al raggio puro, che ’l trasforma in Dio. 14