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XXIV.
Quanti Principi grandi, amati, e cari
     Insieme con la vita han perso il nome!
     Quanti poi vivon gloriosi e chiari,
     Poveri nati; sol perchè le chiome
     Di sacri Lauri, alteri doni, e rari
     S’ornarono felici: ed ora come
     Chiare stelle nel Ciel splendon beati,
     Mentre il mondo starà, sempre onorati!
XXV.
Molti esempi potrei venir cercando,
     De’ quali piene son tutte le carte,
     Ch’il Ciel prodotto ha in ogni tempo ornando
     Non sempre avaro or questa, or quella parte.
     Ma quanti ne fur mai dietro lasciando,
     E quanti oggi ne son posti da parte,
     Un ne dirò, che tal fra gli altri luce,
     Qual tra ogn’altro splendor di Sol la luce.
XXVI.
Dico di voi, e dell’altera pianta,
     Felice ramo del ben nato Lauro,
     In cui mirando sol si vede quanta
     Virtù risplende dal mare Indo al Mauro;
     E sotto l’ombra gloriosa e santa
     Non s’impara a pregiar le gemme, o l’auro;
     Ma le grandezze ornar con la virtute,
     Cosa da far tutte le lingue mute.
XXVII.
Dietro all’orme di voi dunque venendo,
     Ogni basso pensier posto in oblio,
     Seguirò la virtù, chiaro vedendo
     Essere in lei seguir caro desio,
     Fallace ogn’altro è: così non temendo,
     O nemica Fortuna, o destin rio,
     Starò con questa, ogn’altro ben lasciando
     L’anima, e lei, mentre ch’io vivo, amando.
FINE