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25Ariadna, e Medea dogliose, erranti
     Sento di molto ardir, di poca fede
     Dolersi, in van biasmando il proprio errore;
     Ma se il volubil Ciel gl’infidi amanti
     Diero a tanto servir aspra mercede;
     30Disdegno, e crudeltà tolse il dolore;
     E ’l mio bel Sol continua pena e ardore
     Manda dal Ciel co’ rai nel miser petto
     Di fiamma oggi, e di fede albergo vero,
     Nè sdegno unqua il pensiero,
     35Nè speranza, o timor, pena, o diletto,
     Volse dal primo mio divino oggetto.

Porzia sopra ad ogni altra mi rivolse
     Tanto al suo danno, che sovente insieme
     Piansi l’acerbo martir nostro uguale.
     40Ma se breve ora forse ella si dolse,
     Quant’io sempre mi doglio, poca speme
     D’altra vita miglior le diede altr’ale;
     E ’l mio grave dolor vivo e immortale
     Siede nel core, e dell’alma serena
     45Vita immortal questa speranza toglie
     Forza all’ardite voglie;
     Nè pur questo timor d’eterna pena,
     Ma d’ir lunge al mio Sol la man raffrena.

Poscia accese di veri e falsi amori
     50Ir ne veggio mill’altre in varia schiera,
     Ch’a miglior tempo lor fuggì la spene;
     Ma basti vincer questi alti e maggiori,
     Ch’a tanti pareggiar mia fiamma altera
     Forse sdegnò quel Sol, che la sostiene;
     55Che quante io leggo indegne, o giuste pene
     Da mobil fede, o impetuosa Morte,
     Tutte spente le scorgo in tempo breve;
     Animo fiero, o leve
     Aprì allo sdegno, od al furor le porte,
     60E fè le vite alle lor voglie corte.