Io sperai ben di questo carcer tetro,
Che qua giù serra ignuda anima sciorme,
E correr dietro all’orme
Degli tuoi santi piedi, e teco farmi 65Delle belle una in Ciel beate forme,
Ch’io crederei, quando ti fossi dietro,
E insieme udisse Pietro,
E di fede, e d’amor di te lodarmi,
Che le sue porte non potria negarmi. 70Deh perchè tanto è questo corpo forte,
Che nè la lunga febbre, nè ’l tormento,
Che maggior nel cor sento,
Potesse trarlo a destinata morte?
Sicchè lasciato avessi il mondo teco, 75Che senza te, ch’eri suo lume, è cieco.
La cortesia, e ’l valor, che stati ascosi
Non so in qual antri, e latebrosi lustri
Eran molt’anni e lustri;
E che poi teco apparvero, e la speme, 80Che in più matura etade all’opre illustri
Pareggiassi de’ Publij quei famosi
Tuoi fatti gloriosi
Sicch’a sentire avessino l’estreme
Genti, ch’ancor viva di Marte il seme; 85Non pur non veggio, nè da quella notte,
Che agli occhi miei lasciasti un lume oscuro;
Non più veduti furo,
Che ritornaro a loro antiche grotte;
E per disdegno congiuraron, quando 90Del mondo uscir, torne perpetuo bando.