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SONETTO CXX


I
te, Signor, per l’orme belle, ond’io

     Rivegga intero in voi quel lume chiaro
     Del mio Sol vivo; e questo parco e avaro
     Ciel venga a forza largo al voler mio. 4
Spregiato ha ’l vostro ardir l’acerbo e rio
     Fato de’ vostri, e con l’invitto e raro
     Valor, a chi più il vede ognor più caro
     Tolto ha di maggior luce ogni desio. 8
Or che quel Sol, che solo in voi risplende,
     Non mostra in terra i divin raggi ardenti,
     Ma con lume maggior là su contende; 11
Odo, che ’l vostro core avendo spenti
     I contrasti e l’insidie, s’erge e accende
     Di sempre farsi conto all’alte menti. 14

——

SONETTO CXXI


T
ralucer dentro al mortal vel consparte,

     Quasi lampo, cui serra un chiaro vetro,
     Mille luci vid’io, ma non mi spetro
     Dal mondo sì, ch’io le depinga in carte. 4
Amor nell’alma accesa a parte a parte
     Vere l’impresse già molt’anni a dietro,
     Ond’ei spinge il desio, ed io m’arretro
     Dall’opra, ch’ogni ardir da se diparte. 8
E s’avvien pur, ch’io ombreggi un picciol raggio
     Del mio gran Sol, da lagrime e sospiri,
     Quasi da pioggia, o nebbia par velato. 11
Se in amarlo fu audace, in tacer saggio
     Sia almeno il cor, che omai sdegna il beato
     Spirto, che mortal lingua a tanto aspiri. 14