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SONETTO XCVI
Se i chiari spiriti, ove mostrò Natura
L’ ultima forza sì, che inteser quanto
Circonda il Ciel col suo stellato manto,
L’ ordine d’ esso, il moto, e la misura,
E gli altri poi, che con la mente pura
Alzan sopra di se se stessi tanto,
Ch’ ebber la vera fede, e ’l lume santo
Senza dar punto al viver basso cura;
Avessin del mio Sol mirato i rai,
Quei primi avrian da sue grand’ opre inteso,
Che reggeva il bel corpo alma immortale:
Questi del ver con maggior fiamma acceso
Il cor, veggendo un tal miracol, quale
Fra gli umani qua giù non fu giammai.
SONETTO XCVII
S’ Io potessi sottrar dal giogo alquanto,
Madonna, il collo, e volger i pensieri
Dalla mia luce altrove sciolti e ’ntieri,
Gli porrei in voi, volgendo in riso il pianto.
Farei dolce lo stil, soave il canto,
Per dir de’ vostri onori i pregi altieri,
Che l’ alte sue virtù son regni veri,
Non corona, nè scettro, o Real manto.
Ma a voi fu ’l Ciel sì largo, e a me la stella
Sì parca, che s’ oppon tosto il mio Sole
Tra ’l vostro Paradiso, e gli occhi miei.
Ei ritien la mia vista, e come suole
L’ affrena in lui, per non veder men bella
La vostra lode, e torme i cari omei.